Obiettivo di questo articolo è quello di analizzare alcune dinamiche estremamente importanti (ma difficili da cogliere) che si instaurano in un contesto formativo fra docente e allievi. Premessa Esiste un contesto formativo laddove è presente una persona che riveste il ruolo di docente ed un gruppo di persone che rivestono il ruolo di discenti. All’interno […]
Obiettivo di questo articolo è quello di analizzare alcune dinamiche estremamente importanti (ma difficili da cogliere) che si instaurano in un contesto formativo fra docente e allievi.
Esiste un contesto formativo laddove è presente una persona che riveste il ruolo di docente ed un gruppo di persone che rivestono il ruolo di discenti. All’interno di questo “gioco” fra le parti si instaura una relazione nella quale il docente diventa una guida con il compito di dirigere la classe verso il raggiungimento di specifici obiettivi. La relazione che ne nasce diventa un terzo soggetto.
Per esemplificare il concetto si potrebbe ricorrere alla famosa frase : “ Il tutto è più della somma delle parti ”, questo significa che l’interazione fra gli allievi di una classe ed il docente dà vita a qualcosa di nuovo che non esiste quando classe e docente sono divisi.
Questa realtà che si crea all’interno del contesto formativo prende il nome di “sistema emergente” ovvero una situazione che possiede dinamiche del tutto differenti dalle dinamiche che avvengono naturalmente quando le due componenti del sistema sono disgiunte.
Questo nuovo sistema che va a crearsi non possiede una vera e propria identità o regola ed è proprio in questo spazio che si colloca il ruolo del docente, il quale ha il compito di dare una forma funzionale al “sistema emergente”.
Un sistema è funzionale quando ogni elemento del sistema contribuisce a mantenere un equilibrio utile alla stabilità ed allo sviluppo del sistema stesso. Un sistema è disfunzionale quando non è in grado di svolgere la sua funzione, ovvero provvedere alla crescita dei suoi componenti.
Prima di addentrarsi all’interno di aspetti prevalentemente pratici è necessario fare alcune considerazioni preliminari.
Nietzsche scriveva : “ non esistono fatti ma solo interpretazioni ”, questo significa che non esiste una realtà oggettiva bensì tutto quello che viviamo viene condizionato dal nostro sistema di convinzioni e dai significati emotivi che attribuiamo a ciò che ci circonda.
Gli studi condotti dall’ MRI di Palo Alto hanno dimostrato che gran parte delle terapie brevi hanno successo nell’istante in cui il terapeuta riesce a modificare il significato che una persona attribuisce ad un particolare avvenimento. Da questo assioma è nata la frase: Cambia il modo di vedere le cose e vedrai le cose cambiare.
Si potrebbe dire perciò che ogni persona agisce sul mondo sulla base di una serie di presupposizioni relative alla sua idea di realtà. Sulla base di queste presupposizioni interpreta gli avvenimenti della propria vita ed implementa dei comportamenti coerenti con l’idea iniziale.
Alla luce di questo si potrebbe asserire che non essendoci alcuna realtà oggettiva il ruolo del formatore è quello di creare una bugia che funzioni, ovvero fare in modo che il “sistema emergente” sia sorretto da una serie di convinzioni funzionali in grado di provvedere alla crescita dei componenti del sistema.
Questo è il motivo per cui una stesso gruppo di persone assuma atteggiamenti e comportamenti differenti ed abbia un rendimento del tutto eterogeneo con differenti docenti.
Alla luce di questo potremmo dire che qualunque sistema tende all’omeostasi ovvero una condizione in grado di garantire l’equilibrio all’interno del sistema stesso, per questo motivo si potrebbe arrivare ad affermare che anche un sistema disfunzionale in realtà implementa comportamenti distruttivi con l’intento di mantenere una sorta di equilibrio come reazione ad una situazione di disagio.
Secondo Bateson infatti l’evoluzione va considerata come un processo conservativo volto ad assicurare la sopravvivenza del sistema stesso.
Un esempio di questi processi è dato dalla schismogenesi, l’interazione cumulativa tra le componenti di un sistema.
Volendo semplificare ai minimi termini il concetto immaginiamo un docente che decida di lavorare alacremente per modificare alcuni comportamenti disfunzionali di un ragazzo indisciplinato. Ipotizziamo che l’intervento formativo riesca, e che attraverso una buona dose di leadership e didattica il ragazzo inizi a seguire le sue lezioni, a essere motivato e diventi un traino per gli altri compagni di classe. Non è detto che l’intervento formativo sia andato nella giusta direzione in quanto potrebbe essere avvenuto un cambiamento soltanto all’interno della relazione, e che il ragazzo continui a adottare comportamenti disfunzionali con altri insegnanti e durante le altre lezioni.
In questo caso potremmo parlare di un cambiamento “virtuale” ovvero esistente soltanto all’interno di un sistema emergente che smette di esistere nel momento in cui termina la lezione.
Per far si che il cambiamento diventi stabile è necessario portarlo fuori dalla relazione, fare si che questo cambiamento virtuale sia in grado di impattare sul sistema in maniera tale da riuscire a cambiare il sistema stesso.
Nel prossimo articolo andremo a trattare in maniera il concetto di “sistema” e della relazione fra cambiamento e contesto relazionale nel quale esso può avvenire.
– Daniele de Marchi