Quando si parla di Rap Italiano si parla sempre di tre grandi rivoluzioni. La prima rivoluzione introdotta dal Rap anni ’90 è caratterizzata dai rapper delle “Posse” – attivi a livello politico e che suonavano nei centri sociali per esprimere una loro protesta nei confronti dell’Italia di allora. Gruppi come i Sangue Misto, gli Articolo […]
Quando si parla di Rap Italiano si parla sempre di tre grandi rivoluzioni. La prima rivoluzione introdotta dal Rap anni ’90 è caratterizzata dai rapper delle “Posse” – attivi a livello politico e che suonavano nei centri sociali per esprimere una loro protesta nei confronti dell’Italia di allora. Gruppi come i Sangue Misto, gli Articolo 31 e persino Er Piotta sono stati i capostipiti di una forma di comunicazione musicale che in Italia non si era ancora affermata e che rispetto al Hip hop Americano nasceva con caratteristiche del tutto diverse.
La seconda rivoluzione viene avviata dai Club Dogo che rompono determinati schemi sotto il profilo musicale e contenutistico introducendo quello che sarà il Rap degli anni 2000 nel quale (per quanto alcune volte sotto etichette indipendenti e fuori dal mercato Mainstream) si affermano artisti del calibro di Fabri Fibra, Marracash e molti altri.
La terza rivoluzione consacra il Rap Italiano al mercato Mainstream – da una parte la tecnologia rende possibili cose che negli anni ’90 sembravano impensabili e permette anche a ragazzi emergenti (dotati di computer e software musicali) di creare brani di qualità – dall’altra parte l’affermarsi di youtube / vevo come piattaforma per la diffusione di video musicali, comporta una evoluzione radicale dell’estetica dell’hip hop italiano (sulla scia della tendenza mondiale). Proprio in questa fase il prodotto musicale in genere diventa estremamente volatile (la musica digitale rende più rapido il tempo di decadimento di un brano) – la musica in se diventa un espediente per creare forme di guadagno parallele e più redditizie (product placement, influencer marketing e cross marketing in genere) e internet diventa un valido veicolo per le case discografiche che vedono nell’affermarsi della Trap (musica interessante per il pubblico di riferimento) una opportunità.
Arrivando ai giorni nostri la cosa triste è trovarci alcuni protagonisti della prima e della seconda rivoluzione (come ad esempio J-Ax, Fibra, Guè e da quest’anno persino Marracash) proporre bellissime canzoni per l’estate che piacciono al primo ascolto, che sentiremo fino allo sfinimento sotto all’ombrellone, che diventeranno l’emblema del mercato Mainstream e che non ricorderemo più. L’altra cosa triste è sentire le metriche di quell’hip hop degli anni 2000, le tematiche d’allora (edulcorate per poter passare in radio) messe insieme ad un ritornello pop estremamente orecchiabile cantato dalla solita cantante italiana dotata di quella bellissima voce che ormai piace a tutti noi.
Fortunatamente esistono i giovani, quelli nati dopo a tutte queste rivoluzioni, che non ne sanno niente e che probabilmente sfruttano i meccanismi del presente ma per dare vita a qualcosa di nuovo.