Quanti tramonti ho visto nella mia vita, in luoghi, momenti, situazioni, stati d’animo, anni diversi… … molti tramonti sono passati inosservati, altri si sono scritti in maniera indelebile nella mente, altri ancora sono stati catturati in uno scatto fotografico con l’intento di fermare un momento.Questo è un brano scritto parecchi anni fa, parla di sere […]
Quanti tramonti ho visto nella mia vita, in luoghi, momenti, situazioni, stati d’animo, anni diversi…
… molti tramonti sono passati inosservati, altri si sono scritti in maniera indelebile nella mente, altri ancora sono stati catturati in uno scatto fotografico con l’intento di fermare un momento.
Questo è un brano scritto parecchi anni fa, parla di sere “intramontabili” in cui qualsiasi parola diviene inutile e il silenzio parla un linguaggio indecifrabile…
Quante notti di una estinta primavera tra le luci della luna,
io guardavo il tuo sorriso, non riuscivo neanche a stringerti.
Quante volte la mia anima era inquieta, la mia voce incespicata,
l’atmosfera inadeguata le parole troppo inutili.
Quanti sguardi lacrimanti l’abbandono dal tuo iride sincero
io non sono riuscito a estorcere.
Ti ricordi quelle sere silenziose sulle soglie di un aprile
quando il vento era già mite che beate e dolci ore?
Quando il tempo trascorreva addormentato e l’inverno era ovattato
dai colori senza fine di quel prodigo imbrunire.
Quanto tutto assomigliava eccezionale e sembrava non finire
come le folli passioni del periodo giovanile.
Noi seduti nell’ascesa, mentre il buio di ti cingeva
che romantica visione quelle erano serate.
Fu la nostra primavera… quanto bella che eri allora.
Ora non si pensa più a quei giorni ma talvolta nella sera
quando suona la campana mi vien voglia anche di scriverti,
poi non mi vengono le frasi, non ho niente da narrare,
forse ti vorrei baciare o dirti che ti sto pensando,
ma la tua imagine scompare e non riesco più a vedere
quei momenti in quell’aprile, quel periodo senza fine.
Ma ricordo quelle sere silenziose sulle soglie di un aprile
quando il vento era già mite che beate e dolci ore?
Quando il tempo trascorreva addormentato e l’inverno era ovattato
dai colori senza fine di quel prodigo imbrunire.
Poi tutto passò placido e indolente, quelle sere e quell’amore
tutta l’estasi e il fervore e la nostra gioventù.
– Daniele de Marchi